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Alle origini del Regimen Sanitatis Salernitanum

Dopo un breve "excursus" sulla storia della scuola medica e sulle opere dei suoi piu'insigni maestri, vorrei soffermare la mia attenzione sull`affascinante leggenda che circonda l'origine del testo base dei precetti medici salernitani, ovvero il "Regimen Sanitatis Salernitanum", per poi risalire alla storia dei numerosi rimaneggiamenti dell'opera e della sua incerta paternità, arrivando cosi' a fornire una bibliografia, per quanto possibile completa delle sue svariate edizioni.

La fama della Scuola Medica Salernitana durante il primo Medioevo e' attestata dalla leggenda della visita di Roberto II, duca di Normandia, figlio di Guglielmo il Conquistatore, recatosi a Salerno pare intorno al 1099, dopo la prima Crociata, per curare una ferita al braccio destro procuratagli da una freccia avvelenata. Guarito grazie al sacrificio della moglie Sibilla, figlia del Conte di Conversano, che di notte mentre il duca dormiva succhio' il veleno dalla ferita, Roberto si appresto' a tornare in Inghilterra, ove l'attendeva il trono reso vacante per la morte del fratello Guglielmo, e, prima di lasciare la cittá, il futuro sovrano pensó di chiedere ai terapeuti salernitani un "vademecum" dei principi dell'arte medica. Si trattava appunto del "Flos medicinae Scholae Salernitanae" o "Regimen Sanitatis Salerni", poema del quale non si conosce la data precisa di compilazione, ne'l'autore o gli autori e si presume che i primi versi siano stati scritti intorno al X secolo. La scena del saluto di Roberto venne raffigurata nella miniatura che appare nel ms.2197 del Canone di Avicenna, codice del XV secolo, attualmente conservato presso la Biblioteca Universitaria di Bologna, unica immagine sicura, sebbene idealizzata, della Scuola medica di Salerno.

Vari sono i manoscritti che dedicano l'opera al Re d'Inghilterra.

I primi versi, infatti, recitano: "Anglorum regi scribit schola toti Salerni", facendo così supporre che l'opera venisse concepita in quella occasione per essere dedicata a Roberto II come <<Re degli Angli>> e facendo abbandonare definitivamente l'ipotesi meno accreditata di una possibile dedica ad un "Francorum regi"o al re Edoardo III d'Inghilterra, che regnò tra il 1042 e il 1060.

Infatti, Ludovico Antonio Muratori, e dopo di lui, il Tiraboschi, il De Renzi, lo Sprengel, il Puccinotti ed altri, pensando che non potesse essere riconosciuto re chi ancora non si fosse assiso al trono, supposero che fosse stato Edoardo III a richiedere tali consigli ai salernitani.

La dedica al re Roberto II, può ritenersi quindi un equivoco tra il duca di Normandia e Roberto il Saggio, re delle Due Sicilie, cui in realtà, Arnaldo da Villanova, il creduto redattore del "Flos", aveva dedicato la propria opera "Liber de servanda juventute et retardanda senectute".

La dedica ad un <<Francorum Regi>> nel quale si volle ravvisare Carlo Magno, è visibilmente apocrifa, dettata, secondo alcuni studiosi, da anglofobia. I codici che la riportano sono poco più di una dozzina e si trovano in numero maggiore nelle biblioteche inglesi.

Lo studioso E.Wickersheimer, propende invece nel riconoscere come vera la dedica  "Anglorum regi", dimostrando le relazioni che la Corte d'Inghilterra ebbe con la Scuola di Salerno e pertanto, adducendo come ipotesi la possibilità di attribuirla a Riccardo Cuor di Leone, il quale dimorò a Salerno nel settembre 1190 ed ebbe come amico Maestro Matteo, originario di Cambridge, già allievo della Scuola salernitana e poi abate di S.Albano.

Il Wichersheimer riporta inoltre la notizia tratta dal ms.latino 7056 della Biblioteca Nazionale di Parigi, f.26, di un tal Riccardo, detto l'Inglese, autore di un'opera intitolata "De causis et signis et curis passionum", che aveva interpellato la Scuola di Salerno per avere una formula di composizione medicinale.

Come può ben vedersi, l'attribuzione della dedica è cosa quanto mai controversa e incerta, così come il poema stesso, il quale è finito per diventare una sorta di questione omerica, e certamente poche opere, a parte quelle religiose, ebbero la capacità di influenzare per tanti secoli la vita dei popoli europei quanto il "Regimen".

L'opera offre i rimedi giusti per ogni sofferenza, dettandoci le buone norme per vivere sani e demolendo il fanatico misticismo medioevale che imponeva la privazione della carne, la mortificazione dello spirito e soprattutto il sacro orrore verso tutto ciò che potesse rendere più dolce e dilettevole la vita, insegnando pertanto a valersi di tutti i beni terreni che la natura ci ha elargito.

I precetti igienici dettati dalla Scuola medica salernitana e posti a fondamento della sua dottrina ebbero quindi una vasta diffusione grazie al "Regimen", che fu pubblicato in molte lingue e in numerose versioni, più o meno estese, sia manoscritte che a stampa.

La redazione multiforme con la quale il "Regimen" si presenta, sia per la varietà numerica e la disposizione dei versi, che per le frequenti contraddizioni e ripetizioni, fa attualmente ritenere che l'opera sia frutto di una compilazione a più mani e di ripetute revisioni. Basti pensare che i 362 versi della prima edizione a stampa del 1479 sono diventati circa 3520 nelle ultime edizioni.

Si tratterebbe quindi di un'opera collettiva, anonima, risultato della consuetudine popolare, raccolta e commentata nel secolo XIII dal medico e alchimista catalano Arnaldo da Villanova. Essa ben s'inquadra nel filone letterario dei tacuìna e dei theatra sanitatis, opere a carattere enciclopedico, in cui accanto all'illustrazione degli elementi della natura, vi è quella degli alimenti, degli stati d'animo, delle stagioni, allo scopo di salvaguardare la salute mantenendo un perfetto equilibrio tra uomo e natura.

Per quanto riguarda la redazione originaria dell'opera, numerosi sono i dubbi e le tesi divergenti degli studiosi. Il medico e autore salernitano Salvatore De Renzi, negando all'opera un'origine determinata e qualsiasi unità stilistica, rifiuta ogni possibilità dell'esistenza di un unico autore di un poema di versi così differenti tra loro per natura e per stile, avallando l'ipotesi del riconoscere Arnaldo da Villanova quale raccoglitore dei suddetti versi.

L'equivoco della paternità dell'opera attribuita per secoli ad Arnaldo, viene spiegato dal Puccinotti nella sua "Storia della Medicina"e nasce dal fatto che il Villanova è stato realmente l'autore di un "Regimen sanitatis" in prosa, in realtà dedicato al re Federico d'Aragona e del quale, secondo l'edizione di Basilea del 1585, si sarebbe appropriato un tal Magnino, milanese. Si potrebbe trattare di Giovanni da Milano, discepolo di Costantino Africano, ritenuto autore del "Flos medicinae Salerni" nella <<Bibliotheca>> di Giovanni Giorgio Schenck, nel 1609, nella quale è riportato un codice appartenente alla biblioteca Tulloviana, col seguente Explicit: "Tractatus qui dicitur Flores medicinae compilatus in Studio Salerni a Magistro Joanne de Mediolano, instituti medicinalis doctore egregio; compilationi eius concordarunt omnes Magistri illius Studi". Il testo contenuto in siffatto codice manoscritto fu stampato a cura di Zaccaria Silvio, il quale nella prefazione riferisce che il nome di Giovanni da Milano, sarebbe stato taciuto da Arnaldo da Villanova, perché quest'ultimo, beneficato dal re Federico d'Aragona, avrebbe preferito far passare il poema come frutto di una scuola appartenente al suo regno, piuttosto che di un autore milanese. L'edizione curata dal Silvio contiene un testo di 394 versi, eliminati quelli che erano ritenuti interpolati, con l'aggiunta del commento attribuito ad Arnaldo da Villanova.

Giovanni da Milano non può tuttavia essere ritenuto autore indiscusso del "Flos", tuttalpiù lo si può ritenere raccoglitore di quei versi, probabilmente anche dopo il Villanova, come appare dal numero di essi, i quali, nella raccolta di Arnaldo, sono 382, mentre in quella del manoscritto Tulloviano arrivano a 1096.   

E' oggi opinione concorde che la prima edizione a stampa del "Flos", sarebbe quella pubblicata a Lovanio intorno al 1480 da Jean de Paderbon, anche noto col nome di Giovanni da Westfalia, ritenuto da alcuni il commentatore del "Flos". Il testo è, infatti, accompagnato da un commento. Questa edizione contiene oltre al "Flos", anche il Regimen Sanitatis in prosa di Arnaldo da Villanova. La disposizione bibliografica dell'intero volume è la seguente:

Titolo: Regimen Sanitatis salernitanum nec non et magistri Arnoldi de Nova Villa feliciter incipit.

Di seguito: Anglorum regi scripsit schola tota Salerni

In fine: Explicit regimen sanitatis compositum seu ordinatum a magistro Arnoldo de Villa Nova Cathalono omnium medicorum viventium gemma.

Si tratta dunque di due opere distinte racchiuse in un solo volume. Di quest'opera vi furono cinque edizioni a Lovanio, una a Colonia, identica, di Conrad Winters di Homberg, poi altre edizioni a Lione, Parigi, Besançon, Strasburgo, Colonia, Venezia, ma a differenza della prima, non furono stampate le due opere, ma soltanto il "Regimen Salernitanum" o "Flos medicinae Salerni".

Accadde allora una sorta di confusione che diede origine poi all'equivoco. Dell'intero volume stampato da Giovanni da Westfalia rimase:

l'incipit: Regimen Salernitanum, etc.

il testo di questo: Anglorum regi, etc.

l'explicit non del Regimen Salernitanum, ma dell'intero volume che faceva seguito al Regimen in prosa e non a quello in versi: Explicit  regimen sanitatis compositum seu ordinatum a magistero Arnoldo de Villa Nova.veraciter expositum.

E' chiaro perciò che, con l'omissione del Regimen Sanitatis in prosa, realmente composto dal Villanova, ma con la conservazione del suo explicit, risulta che il Regimen Salernitanum, sarebbe stato opera di quest'ultimo, al quale, per così dire, fu attribuita una paternità non sua.

Infatti risulta palese che sia la redazione del "Flos", sia il commento di questo, sono del tutto estranei ad Arnaldo. Del "Flos" non si conoscono né l'autore, né il redattore, né il commentatore.

Paola Nigro

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