| Bonifacio Butigelli, 
        Vita di Bonacosa da Beccalòe, Lodi, C.R.S., 2003 (Con 
        il patrocinio del Ministero dei beni culturali)
 Seconda ristampa anastatica di un manoscritto trecentesco in lingua altoitaliana.
 Il codice miniato n. 1399 della Biblioteca Riccardiana è conosciuto 
        come “Vita di Bonacosia de Bechalòé” e fu scritto 
        probabilmente da un Butigelli (Matteo [?]) su dettatura del parente Bonifacio.
 Bonifacio Butigelli, discendente da una delle più nobili casate 
        pavesi, monaco eremitano di sant'Agostino, nel 1362 risulta priore del 
        convento di San Pietro in Ciel d’Oro; fu benefattore del convento 
        pavese intitolato a quel santo. Magister in sacra pagina, almeno dal 1370, 
        fu uno dei più famosi lettori nello Studio Generale Pavese e approfondì 
        dal 1374 al 1391 i suoi studi a Parigi.
 Come Consigliere Ducale fu incaricato d’importanti affari e mandati 
        di fiducia, tra i quali l’incarico di confessore ed esecutore testamentario 
        della duchessa Bianca d’Aymone di Savoia, moglie di Galeazzo II 
        Visconti e madre di Gian Galeazzo, rimasta vedova nel 1378 e morta nel 
        1387.
 Egli fu vescovo di Lodi dal 1393 al 1404 e nel suo episcopato cercò 
        di recuperare i beni della Mensa Vescovile persi dai suoi predecessori. 
        In una risposta dello stesso a Gian Galeazzo Visconti del 2/07/1393 troviamo 
        menzionate le decime delle terre di Salerano (convento di San Gervaso) 
        delle quali faceva parte anche Casaletto, Gugnano, Mairano e Villarzino. 
        Il documento è importantissimo ai fini onomastici ed interamente 
        pubblicato negli “Appunti 2000” a cura di Laura Vignati Gorla.
 Bonifacio Butigelli fu anche 
        confessore della Beata Bonacosa da Bechalòé, appartenente 
        ad una famiglia milanese di San Nazzaro in Brolio, vicino alla porta Romana 
        medioevale, e devota a S.Tecla, nel quale edificio si svolge la maggior 
        parte delle sue penitenze, una volta rimasta vedova.
 Lo studio e la traduzione del testo furono compiuti da Achille Ratti, 
        il futuro Pio XI allora prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano, 
        e pubblicati nel 1909 per le nozze Jacini- Borromeo e sono riprodotti 
        anastaticamente nel volume.
 Roberto Smacchia |