ti trovi in:  Home > Letterature romanze > Francese

La chanson de geste e il ciclo di Guglielmo d'Orange, Roma, Salerno Editrice, 1997

Guillaume d’Orange, conte «al corb nés», fiero contro i saraceni, amante fedele, poi monaco devoto e infine santo, è uno dei massimi emblemi epici, protagonista di quella che, insieme con la Chanson de Roland, è la più antica canzone di gesta (pervenutaci in una versione già composita). Nei secc. XII e XIII dal nucleo centrale della Chanson de Guillaume si sviluppò tutto un ciclo, da cui deriva l’espressione chanson de geste, comprendente ventiquattro canzoni relative allo stesso Guglielmo, a suo padre Amerigo di Narbona, ai suoi antenati, a suo nipote Viviano, e infine ai suoi fratelli.

Nell’ottobre del 1996, nel nono centenario della prima crociata, alla geste dei Narbonesi e in particolare alla Chanson de Guillaume, è stato dedicato un convegno, patrocinato dalla Société Rencesvals e tenutosi a Bologna, del quale escono ora gli atti nel vol. XXI di Medioevo Romanzo, edito dalla Salerno, a cura di Andrea Fassò.

È nel 1948 che Rita Lejeune solleva la questione, con la quale i filologi continuano a confrontarsi, del rapporto tra geste e storia. Questione che è stata il punto focale della discussione dei convegnisti: il rapporto del Ciclo con la prima crociata è indagato da Jean Flori che, sottolineando l’assenza di temi religioso-militari quali il pellegrinaggio, la protezione dei pellegrini, la penitenza, il perdono dei peccati, solleva il problema di quanto poco la missione dei cavalieri cristiani in Terra Santa abbia, in definitiva, contribuito alla nascita di queste chansons de geste; a sua volta Alessandro Barbero evidenzia la totale mancanza, nei testi del Ciclo, dell’entusiasmo crociato, e rileva, invece, la drammaticità della lotta contro un Islam aggressivo: i pagani, prima ancora che infedeli sono invasori, che bisogna scacciare dai territori nei quali si sono stabilmente insediati o che cercano di conquistare: la Spagna, che occupano ormai dall' VIII secolo, il Sud della Francia e dell'Italia. L’immagine dell’infedele e l’idea di crociata sono esaminati da Danielle Buschinger, che propone uno studio del personaggio di Rennewart nella letteratura tedesca. I cavalieri delle chansons de geste si presentano così, come suggerisce José Enrique Ruiz-Domènec, con tutte le caratteristiche del border fighter, conoscitore di diversi idiomi, uomo di frontiera, a volte persino doppiogiochista, uomo che incarna la coscienza della crisi. Una crisi (indagata sia da Suard, che da Andrieux-Reix) avvertita in primo luogo dagli autori del Ciclo, consci del fatto che la tradizione orale di cui sono depositari non è più adatta a descrivere la mutata situazione storica. Crisi che si palesa, ad esempio, come avverte Philipp E. Bennett, nella complessità delle strategie poetiche e didascaliche del "Prologo" del Couronnement de Louis. Il conflitto tra le istanze tese a mantenere in vita i valori epici e il continuo mutare della realtà e di quegli stessi valori è stato indagato da Bernard Guidot che, affrontando i temi dell’ironia e dell’umorismo dei testi epici contenuti nello Harleyan 1321, evidenzia come ad esser derisi e parodiati siano gli antichi valori, quelli che parrebbero inviolabili. Ma i temi e i valori epici, come ricorda Salvatore Luongo prendendo in esame il "piccolo ciclo" di Guglielmo, sopravvivono ed anzi sono ravvivati nelle mises en prose romanzesche tardomedievali. Al "piccolo ciclo" dedica il proprio intervento anche Andrea Fassò, che solleva l’intrigante questione dei tre "peccati del guerriero": se per l’eredità di Narbona, Aymeri non aveva avuto che l’imbarazzo della scelta tra ben sette figli, Guglielmo si trova confrontato con la mancanza di eredi: come spiegare il fatto che una tra le coppie più perfette dell’epopea medievale sia sterile?

Il rapporto tra i diversi "Cicli" della geste è indagato da Jean-Charles Herbin, che esamina anche due casi di adoubement: un tema ricorrente, del quale Jean-Pierre Martin analizza la polisemia nell’intero Ciclo, un tema che permette, inoltre, di proporre suggestive ipotesi in merito alla datazione delle singole chansons. Questo ed altri Leitmotive del ciclo di Guglielmo sono ampiamente analizzati da Jean Subrenat, che non manca d’ attirare l’attenzione sul caso del voto di Vivien formulato nella Chevalerie Vivien, che serve da prologo all’Aliscans; alla coppia letteraria Vivien-Rainouart dedica la propria analisi Joel H. Grisward. Alberto Varvaro analizza la Chanson de Guillaume nel contesto della storia letteraria del XII secolo, ed è all’intertestualità nella geste dei Narbonesi che Madeleine Tyssens consacra il proprio intervento, richiamando l’attenzione sulla necessità di un’analisi interdisciplinare dell’epica medievale, necessità sottolineata anche da Franco Cardini, che propone l’organizzazione di équipes di studiosi sempre più sofisticate, formate da storici, antropologi, filologi, linguisti: «questo è il compito degli appuntamenti futuri».

Carla Rossi Bellotto

Inizio paginaChi siamoEdizioni SpoliaCollabora con noiRassegna stampaPartnerIn English