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NUNZIO LA FAUCI, "Verso una considerazione linguistica di testi siciliani antichi. Funzione e forma delle particelle NDI e NI", L’Italia dialettale, LVI (1993), pp. 51-124.

L’autore analizza le particelle ndi e ni (anche nelle differenti forme offerte dal contesto fonetico-sintattico) nei testi siciliani trecenteschi e quattrocenteschi secondo i parametri di forma (presenza o meno di d d]) e di funzione (pronominale di prima persona plurale [+ N], o sostitutivo-referenziale, come l’italiano moderno ne [- N]).

Si impone una considerazione preliminare: nella maggior parte dei casi, l’autore ha effettuato i suoi spogli sui glossari (o comunque su altro equipollente repertorio approntato dal curatore dell’edizione critica del testo esaminato) e ha tenuto presenti, nei casi di incertezza della lectio, le varianti in apparato. Ha inoltre effettuato uno spoglio di controllo a campione sulle pagine a stampa delle dette edizioni. Edizioni che si sgranano in un arco di tempo che va dal 1933 al 1989, e che dobbiamo supporre realizzate con criteri ecdotici (e talvolta, pensiamo noi, con scrupolo filologico) affatto diversi. Per questo forse poteva rendersi necessario, specialmente per le edizioni più vecchie, ricorrere ad un controllo diretto, e sia pure a saggio, sui manoscritti originali, controllo che - chi si è occupato almeno una volta di testi antichi lo ha certo sperimentato -, riserva sempre delle sorprese (si vedano ad esempio le Indagini sugli errori di trascrizione di Arrigo Castellani, ora nei Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza (1946-1976), Roma, Salerno Ed., 1980, 3 tomi, tomo III, pp. 208-14).

I risultati dell’indagine sono abbastanza sorprendenti, e obbligano a ripensare l’etimologia unica da INDE generalmente accettata, seppur a volte dubitosamente, per le due particelle. Infatti la gran parte delle circa 500 forme reperite si dispone lungo le direttrici [- d] [+ N] o [+ d] [- N]. L’unico caso di [+ d] [+ N] è spiegato dal La Fauci con l’infida tradizione testuale che ce lo tramanda, e i circa 20 di [- d] [- N] con un influsso assimilatorio extrasiciliano.

Quindi, stante l’assenza originaria ormai appurata dell’assimilazione di -ND- in Sicilia e nell’estrema Italia meridionale in età medioevale (cfr Alberto Vàrvaro, Capitoli per la storia linguistica dell’Italia meridionale e della Sicilia. Gli esiti di -ND-, -MB-, <<Medioevo Romanzo>>, VI (1979), pp. 189-206), [- N] deriverebbe da INDE, [+ N] da altro etimo; ad esempio, suggerisce La Fauci, seguendo un’ipotesi di R. Ambrosini (Nuove tendenze nella linguistica storica: verso una nuova linguistica storica o verso una linguistica nuova?, in G. Mazzuoli Porru (cur.), Nuovi metodi e problemi nella linguistica storica. Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia, Firenze, 25 e 26 ottobre 1979, Pisa 1980, pp. 11-39), da no e vo rifatti analogicamente su me/mi, te/ti, se/si (non si dimentichi che, secondo la testimonianza di Paolo Festo, antiqui dicebant [...] nis pro nobis).

In realtà l’ipotesi di un’etimologia unica da INDE delle due particelle non è mai stata un’ipotesi economica. Essa comporta infatti: a) un cambiamento di categoria grammaticale; b) un ardito sviluppo semantico. L’ipotesi di un’etimologia differenziata, per contro, alla luce dei dati sopra richiamati, viene ad essere sensibilmente avvalorata.

Se le cose sono in questi termini, si presentano alcuni corollari, puntualmente evidenziati e discussi dal La Fauci:

1) i casi di [- d; + N] non sono casi di assimilazione, perché non discendono da INDE (le poche forme [+ d] sono da considerare ipercorrettismi);

2) per [- N] i casi [+ d] sono di conservazione (almeno grafica) del nesso, quelli [- d] di assimilazione, da aggiungere ai due che si dichiara disposto ad ammettere A. Vàrvaro (Ancora su -ND- in Sicilia, <<Medioevo Romanzo>>, VII (1980), pp. 130-32), comunque ancora troppo pochi per ipotizzare l’affermarsi dell’assimilazione del nesso -ND- nella Sicilia del ‘300;

3) i casi di (-)nni e (-)ndi [+ N] presenti in alcune varietà siciliane e meridionali moderne sono da spiegare con processi di ipercorrettismo nelle varietà conservative in situazioni di contatto con quelle innovative, in cui era intervenuta confusione tra le due forme per l’assimilazione di -ND- e per la sospensione in certi contesti (dinni, fanni, ecc.) dell’opposizione tra forme con consonante di grado tenue [+ N] e con consonante di grado forte [- N].

Lo studio del La Fauci ha quindi il merito di affrontare con sicurezza metodologica e brillante acume critico un problema complicato dal sovrapporsi in maniera quasi inestricabile di numerosi parametri e di fatto finora, più che discusso, rimosso.

Leonardo Rossi

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