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Progetto Castello della Motta di Savorgnano, a cura di Fabio Piuzzi, Ricerche di archeologia altomedievale e medievale, n° 28, Firenze 2003.

Il volume, di recentissima pubblicazione, raccoglie i risultati, ancora parziali, dei primi quattro anni di scavi nel castello della Motta di Savorgnano (1997-2001), scavi resi possibili dalla collaborazione tra la Soprintendenza Archeologica regionale, l’Amministrazione Comunale di Pavoletto, la Fondazione “Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone” e l’Università di Udine.

Lo scavo del Castello della Motta di Savorgnano, grazie anche alla sua rapida pubblicazione scientifica, fornisce utili e preziosi elementi agli studi storico-archeologici sul Friuli medievale, e rappresenta un caso singolare, sino ad oggi, per quanto riguarda l’archeologia della regione. L’indagine è stata eseguita principalmente nel mastio della rocca ed immediatamente a sud di esso, ed è stata condotta, dal gruppo di studenti universitari e volontari coordinati dall’Arch. Piuzzi, con accurato metodo stratigrafico e documentazione completa delle strutture e dei materiali; sulla base della stratigrafia e dello studio dei reperti si è giunti a formulare una sequenza cronologica del sito, significativa per chiarire la dinamica insediativa del luogo e conoscere la vita quotidiana dei suoi abitatori. Sulla base dei dati acquisiti la cronologia del sito sembra oscillare tra fine VII-inizio VIII secolo e fine XV secolo, ma rimangono aperte la questione delle ! eventuali preesistenze, nonché aspetti di carattere strutturale della fortificazione.

Il volume presenta per esteso la documentazione di scavo, corredata di inquadramento storico e topografico, l’analisi stratigrafica e di fase, l’analisi delle murature ed una estesa sezione dedicata allo studio dei materiali rinvenuti; questi si presentano della massima importanza per la conoscenza della cultura materiale dell’epoca; vi rientrano, infatti, oltre a reperti ceramici, anche un enorme repertorio di oggetti in metallo, tra cui armi di svariata foggia, vasellame, utensili, oggetti d’uso comune ed elementi di abbigliamento; da notare, in proposito, che uno degli ambienti del mastio ha restituito tracce di attività artigianali legate alla lavorazione del metallo, databili fino alla metà del XIV secolo, e nel cui ambito rientrano anche frammenti di un “lamiere”, pertinente ad una o più corazze lamellari, di tipo arcaico, non dissimili da quella di Soffumbergo, databile alla seconda metà del XIV secolo, e che costituisce fino ad ora un unicum su territorio italiano.

Oltre a quelli che ho elencato vi sono molti altri buoni motivi per apprezzare il volume, non da ultimo il prezzo, veramente “politico” di € 28, la confezione accurata, la qualità eccellente delle foto pubblicate e, in generale, l’intero apparato grafico, esempio “raro” di come si possa pubblicare in maniera completa uno scavo archeologico, anche se di limitata estensione. I testi sono chiari ed accurati allo stesso tempo, redatti da alcuni specialisti nella materia, i quali hanno saputo conciliare, quando necessario, la sintesi con gli alti contenuti scientifici che l’opera richiedeva.

 

Badwila

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